La solita, tragica storia

Come ogni anno (nel 2007 oltre 100 vittime e 100.000 sfollati) la pessima gestione delle acque provoca immensi disastri. Nel Terai orientale (distretti di Siraha e Saptari) il fiume Saptakoshi ha rotto gli argine distruggendo centinaia di villaggi (oltre 50.000 sfollati) e, si presume, provocando almeno un centinaio di morti.

Le immagini sono drammatiche con la gente piangente in attesa di qualche elicottero (due soli operativi dell’esercito mentre quelli delle NU riposano a Kathmandu) che gli porti assistenza.

Periodo di frane, alluvioni, smottamenti tutti disastri annunciati e ripetuti tant’è che l’Ambasciata Indiana (anche diversi vicini villaggi indiani sono stati devastati) ha emesso un durissimo comunicato “accused local authorities of ignoring frequent requests for immediate action to avert the flood and the embankmnet collapse” , il comunicato prosegue dicendo che anche le autorità nazionali erano state avvertite fino al 17 agosto, offrendo cooperazione tecnica per un intervento.

Le piogge e i ghiacciai riempiono i fiumi che privi di ogni controllo distruggono vite umane, animali, villaggi, campi, strade. Per la gente coinvolta  significa perdere tutto: casa, campi, raccolti. Per molti di loro il futuro è in qualche baraccopoli in attesa di aiuto che mai arriva. Per adesso sono assicurati mancanza di cibo e acqua potabile,  epidemie.

Se si digita su internet “disaster management (o Preparedness) nepal” si trovano decine di siti delle agenzie delle NU o da INGO che, da decenni, raccontano dei meetings, trainings, reports che confenzionano per preparare la gente (i poveri “beneficiari”) ad affrontare queste catastrofi. Per la gente del Terai speriamo che questi siano almeno  in grado di uscire dagli uffici di Kathmandu e portare un po’ di cibo e medicine ai poveri disgraziati.

Speriamo, inoltre, che il buon Prachanda non si faccia risucchiare dal “sistema” e che il suo governo inizi a verificare l’utilizzo degli ingenti aiuti internazionali, della capacità e utilità della mandria di cooperatori ed esperti internazionali e dei modelli negativi di gestione che questa gente stanno trasmettendo alle controparti nepalesi.

Il leader maoista ha  giurato come Primo Ministro “in nome del popolo” (non essendoci costituzione) ma, qui, nessuno scommette sulla durata del suo mandato. Il nuovo governo sarà formato da 7 partiti, immaginiamo la stabilità.

Già le prime critiche e tensioni, la gente è scontenta che abbia giurato senza indossare il tradizionale abito nepalese ma in un elegante  completo grigio e cravatta; l’appartenenza nazionale e i suoi simboli (si è visto con gli scontri seguiti al discorso in hindi del V.presidente Jha) è l’unica cosa rimasta ai nepalesi.

 I partners di governo (Mahadesi e UML) hanno invece contestato la sua decisione di assumere come guardie del corpo militanti del maoisti, creando ulteriori tensioni con militari e servizi di sicurezza. Come previsto il governo inizia male.

Non sembra, dice la gente, che i leaders dei partiti stiano percependo che il  Nepal sta affondando, intanto tutti s’arrangiano come possono: c’è chi emigra e chi s’inventa nuovi lavori.

 Ogni notte centinaia di auto sono in fila (con dentro i guidatori dormienti) in attesa dell’apertura dei benzinai per comprare i rivoli che arrivano dall’India, alcuni la rivendono al doppio nel nuovo e fiorente mercato nero; altri riescono ad importarla di frodo dalla Cina con buoni guadagni.

La benzina è passata dall’irrealistico prezzo di 75 rupie (0.50 euro) alle attuale 100 rupie. I dealers  attendono che il prezzo raggiunga quello indiano (e di mercato) che non può essere meno di 150-170 rupie, prima di riprendere le forniture. Lo scorso aumento ha provocato una mezza rivoluzione a Kathmandu, ma oggi la benzina si trova solo al mercato nero al prezzo di rupie 200, per il governo sarà più facile varare una manovra impopolare (forse).

La  Banca nazionale (Nepal Rastra Bank) ha pubblicato ieri un rapporto sullo stato economico delle famiglie con dati raccolti fra il 2005 e 2006 e, dunque, sensibilmente peggiorati. I numeri raccontano lo stato drammatico in cui si barcamena la media delle famiglie nepalesi e la povertà crescente del Paese.

Il reddito medio delle famiglie nepalesi, secondo l’indagine, è di circa 27.000 rupie (270 euro) di cui il 40% se ne va per sopravvivere (cibo) e il  27.5% per mantenere la casa. Con il restante 30% (euro 71) bisogna comprarsi i vestiti, pagare libri e rette scolastiche, sanità. Nei villaggi il reddito famigliare scende a 20.000 rupie (200 euro). In queste condizioni non sorprende che gli usurai (tassi d’interesse del 100% annuo) dominano il mercato del credito (nei villaggi non ci sono banche) con il 70% del mercato, continua il Report.

Come ovunque nel mondo, sono aumentate le disparità economiche e oltre il 20% delle famiglie sopravvive con solo 10.000 rupie al mese (100 euro).

Una casa di due stanze nella periferia di  Kathmandu non costa meno di 30 euro al mese, luce, gas, acqua, telefono altri 30 euro, per mangiare basic una famiglia di quattro persone (media delle famiglie nepalesi) spende circa  60 euro, poi c’è il resto.

 

 

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