Adozioni internazionali, il Nepal riprova

Finito uno straziante incontro con i burocrati del DHO (District Health Office) a Dhulikel , andammo a bere un tè al bellissimo Horizon Hotel, grande terrazzo, con di fronte  l’Himalaya. Come sempre seduto a uno dei tavolini  c’era il padrone, un ricco Newari, ex-sindaco del paesotto con la sua clientela di postulanti. All’interno del locale foto con i passati sovrani e attori indiani.
Non c’era nessun altro, il turismo languiva, e fu con sorpresa che vedemmo arrivare una  coppia d’italiani, 40 enni (l’età media dei genitori adottivi italiani), un po’ sciupati (forse dalla lunga permanenza in Nepal) con cui inevitabilmente s’iniziò a parlare.
Soliti discorsi, poi esce fuori la loro storia sofferta e, purtroppo,  simile a odisee già sentite di molte coppie  (300 bambini nepalesi adottati in Italia dal 2000 al 2006) , giunte in Nepal, dopo aver superato altrettante passioni in Italia,  per  completare la propria esistenza, con un figlio. Storie, anche di necessità, quasi, ossessive e, quindi, facile preda di raggiri.
In sintesi la coppia era da circa un mese in Nepal, ospitata in alberghi costosi, sottoposte a continue richieste di soldi da parte dei trafficoni nepalesi per superare costanti e inventate difficoltà, ungere  avvocati o funzionari, giocando sul  miraggio del figlio adottivo che s’avvicinava e allontanava in continuazione. Costo di tutta l’operazione oltre euro 25.000, alla faccia delle tariffe scritte su leggi, norme e protocolli in Italia e Nepal.
Questo è quanto devono affrontare, molti genitori adottivi che, mi sembra, dovrebbero ricevere aiuto e assistenza dalle agenzie italiane con cui hanno iniziato (e pagato lautamente) il processo d’adozione internazionale.
Non voglio entrare nel merito sulle motivazione e sensibilità (penso tante quante i genitori) di chi vuole adottare un bambino. La mia opinione è che questa soluzione  (per una volta d’accordo con quanto proclamano le NU)  dovrebbe essere “l’ultima risorsa” per assicurare un futuro a un bambino orfano o abbandonato; che è il soggetto principale che s’intende proteggere con l’adozione.
In molti casi questo accade: un bambino esce dalle decrepite stanze del Bal Mandir e trova una famiglia che lo ama per tutta una vita. Altri casi, in assenza di  attivi controlli (dovere delle agenzie occidentali che mediano l’adozione), comportamenti ed etica, segnalano che, anche in questo settore, spesso l’amore e il disinteresse siano soverchiati dal denaro ed egoismo.
In Nepal, come in altri paesi, dove le leggi sono solo carta,  l’adozione internazionale è diventato un facile business per molti faccendieri (locali e internazionali) e ciò ha incontrato il desiderio  delle coppie straniere ad avere, in alcuni casi a qualsiasi costo, un figlio. Gli anelli deboli sono, in ordine, le famiglie locali, il bambino, le famiglie adottanti.

Le cose, in Nepal e in altri paesi asiatici, nel bene  e nel male funzionavano e funzionano così. Raramente un bambino viene abbandonato 
o
consegnato in un istituto. Orfani o bambini (che la famiglia non può) mantenere erano e sono affidati (a volte temporaneamente) a  parenti, amici, creditori; nessuna legge regolamenta la cd. “adozione nazionale“. Fenomeno che è aumentato a seguito della disgregazioni famigliari dovute al conflitto e alla migrazione negli ultimi anni sia nei villaggi (dove era più diffuso che a Kathmandu).
In molti casi, come nella favola di Cenerentola senza lieto fine, l’adottato finisce a fare il servo nella nuova famiglia, in altri (più rari) riceve un istruzione e qualche speranza per il futuro. A volte è ripreso dalla famiglia originaria, quando le finanze lo permettono. Nel peggiore dei casi (fortunatamente rari in Nepal ma più frequenti in Cambogia), il bambino viene ceduto che per  20.000 rupie (o 200 dollari in Cambogia) , con la promessa di un lavoro, a qualche trafficante di esseri umani che lo rivende in India, Vietnam, Thailandia in qualche bordello o in qualche fabbrica o cantiere (addirittura circo).
In queste condizioni non sorprende che, per qualche famiglia, l’adozione internazionale sia stata una soluzione  per assicurare un futuro più sicuro al proprio figlio e, per le peggiori, anche un redditizio affare.
In assenza di leggi o di controlli, inoltre, le adozioni internazionali sono state un facile e redditizio business ( in Nepal 1376 adozioni dal 2000 al 2006) per molti maneggioni e funzionari statali. Solo nel 2006 in Nepal il business è stato di oltre USD 2 milioni.
Il flusso di denaro, e il disinteresse etico delle organizzazioni occidentali che vendono adozioni,  ha prodotto  abusi e  compravendite di bambini, che hanno raggiunto un tale livello da obbligare i governi di  Cambogia e Nepal a bloccarle.
Qualche storia triste è stata raccontata in Italia dal giornalista   Alessandro Gilioli (nel libro Premiata Macelleria delle Indie), riprendendo alcune  inchieste fatte dai giornali nepalesi.
Nell’articolo On Sale, uno degli ultimi articoli sull’argomento il Nepali Times  racconta: For the past four years, 35-year-old Nirmala Thapa has been fighting to get her three children back from Spain after they were adopted illegally through a Nepalese children’s home.
A local children’s home offered to shelter and educate her three youngest children and she was asked to sign a document. But Thapa could not read the papers, a legal document giving up her children for adoption. After several months, she learned her children had been sent abroad. Despite her appeal for
their return, the children’s home threatened her with arrest and legal action (Nepali Times del 9 marzo 2007)

Madhav Pradhan, direttore del CWIN (una delle più grosse NGO locali che si occupano d’infanzia) ha dichiarato “Our concern is that children are often falsely claimed as orphans and sold for adoption to foreign clients who are unaware of the malpractices of their local agents.  In the past year it has rescued more than 15 children from impoverished villages in western Nepal, whose parents were persuaded to send them to homes on the pretext of a sponsored education.
Nell’agosto 2008, l’UNICEF e la INGO TDH ha redatto un rapporto in cui si dice che The intercountry adoption business in Nepal has created a culture of child abuse including the abduction, trafficking and sale of children.
Only four out of every 100 children adopted in Nepal are adopted by a Nepali family and many children put up for adoption are not orphaned but are separated from their families
.
http://www.childtrafficking.com/Docs/adopting_rights_child_unicef29_08.pdf
Come detto, la situazione è simile in Cambogia tanto che il Dipartimento di Stato On December 21, 2001, the then-Immigration and Naturalization Service (INS) announced an immediate suspension of the processing of adoption petitions for Cambodia. This decision was based on numerous concerns related to the fraud environment in Cambodia as well as the lack of a sufficient local legal framework and other safeguards to protect the children’s best interests.
In Cambogia esplose, fra l’altro, il caso dell’americana Lauryn Galindo, capessa di un organizzazione specializzata nella falsificazione di documenti dei bambini comprati dalle famiglie locali. Il Governo cambogiano bloccò le adozioni internazionali nel 2002.
Comunque, anche in Italia, non si scherza tant’è che alcune banche pensavano di erogare mutui per finanziare le adozioni visto il caro-prezzi praticato dalle agenzie\associazioni. Sono circa 14.000 i bambini adottati annualmente da famiglie italiane di cui il 60% dai nuovi mercati dell’est europeo.
Il Nepal, in questi giorni, ha deciso di riprovarci togliendo, fra l’altro, da una situazione penosa circa 400 famiglie a cui è stato bloccato  il processo d’adozione dal maggio 2007.
Le nuove regole, sulla carta, prevedono una lunga serie di controlli supervisionati da due Comitati sotto la direzione del Ministry of Women, Children and Social Welfare. Per adesso sono state riconosciute idonee 58 agenzie\associazioni sulle 66 che hanno richiesto il permesso di operare in questo settore (chissà cosa hanno combinato le 8 escluse).
Teoricamente le adozioni si potranno fare solo fra i bambini ospitati nei 37 orfanotrofi registrati.
Nei 12 gestiti direttamente dalla Nepal Children Organization (NCO), che è fra i controllori del nuovo sistema, sono ospitati circa 400 bambini (di tutte le età, compresi anche quelli che non saranno mai adottati perché troppo grandi); mentre si prevede che  le richieste saranno per circa 500 bambini all’anno. C’è da chiedersi se e come verrà colmata  la differenza fra domanda e offerta.

3 risposte a “Adozioni internazionali, il Nepal riprova

  1. Pingback: Nepal: partono le prime adozioni internazionali « Crespi Enrico from Nepal (and Asia)·

Lascia un commento