Tibet, piomba la realtà

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Tutto fermo per il Tibet, anche il Dalai Lama appare stanco, invecchiato; da anni le sue proposte moderate non trovano riscontro in Cina. “It is impossible for Tibet to become independent, semi-independent, or independent in a disguised form,” dichiara il dignitario cinese Du Qinglin, capo dell’ United Front Work Department dopo l’incontro con due rappresentanti del Tibet in esilio. “The Dalai Lama should respect history, face reality, comply with the times and correct his political stance fundamentally.”
La Cina ha visto che le rivolte pre-olimpiche, l’attenzione momentanee dell’opinione pubblica internazionale, le tormaproteste modaiole di qualche politico sono durate quanto una Torma (scultura di burro tibetana) al sole. Quindi i cinesi possono tranquillamente dichiarare che “China would not allow Tibet the wide degree of autonomy it has granted its other territories, Hong Kong and Macau, under a “one country, two systems” formula”, come aveva proposto il Dalai Lama.
I due inviati tornano a Dharmsala (sulle colline indiane) peggio dei loro predecessori senza più alcuna realistica speranza di giungere a maggiore autonomia amministrativa  e tantomeno a un ritorno del Dalai Lama a Lhasa e più diritti economici per, l’ormai, minoranza tibetana in Tibet.
La triste raltà è che specialmente Lhasa (ma in generale il Tibet) non è più quello in cui visse il Dalai Lama e neanche quello della metà degli anni ’80, quando fu aperto al turismo libero occidentale.
Visitare Lhasa è una pena per chi la vide allora. La tradizione tibetana è schiacciata dai karaoke, dagli stradoni, dalle distruzione dei vecchi quartieri. kumbumL’economia è controllata dagli Han così come l’amministrazione pubblica e il dilagante turismo interno. Questo fa, giustamente, arrabbiare i giovani tibetani, protagonisti delle rivolte olimpiche.
Ma l’unico risultato di quella rabbia è   nel bollettino ( probabilmente falso) diffuso da Baema Cewang, vice presidente della Tibet Autonomous Region (TAR). Gli arresti, durante gli scontri, sono stati 1317 (1115 subito rilasciati), 44 condannati a tre anni nei campi di lavoro e gli altri in attesa di giudizio. Intanto l’esercito non ha allentato i controlli e la vigilanza in tutto il Tibet, con partioclare dispiego i forze nel Kham e a Lintang (il veccio Tibet orientale oggi Sichuan).
Dopo il bastone ecco arrivare la carota nella forma di massicci investimenti per l’edilizia nel Sichuan (USD 372 milioni) per 470.000 pastori (chissà se saranno contenti di finire in miniappartamenti) e altri USD 3 miliardi per investimenti industriali nella TAR.
Dopo il treno da Pechino, sono stati aperti nuovi aeroporti (Kanding\Dartsedo e Ganzi\Kardze) ed è  prevista la costruzione di nuove strade per sviluppare il turismo che ha già raggiunto il milione di visitatori (previsti due nel prossimo anno).
bhutan-new-kingCome in altre parti del mondo sarà lo sviluppo economico che appiattirà le differenze per poi farle riesplodere in forme diverse.
Allargando la visuale sul mondo tibetano, almeno culturalmente, riappare nelle cronache il simpatico  Regno del Bhutan in cui è stato incoronato ufficialmente (due anni dopo l’insediamento) il 28enne Jigme Khesar Namgyel Wangchuck (studi a Londra e negli USA), scapolo d’oro assalito, in un suo recente viaggio, dalle ragazze thailandesi. I 110.000 bhutanesi d’origine nepalese l’hanno salutato dai campi profughi del Terai (vedi post I dimenticati).

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