Nepal: se la terra trema

terremoto a kathmanduIn India e Nepal la stampa ha seguito con partecipazione la tragedia dell’Abruzzo. La gente da queste parti è abituata ai disastri naturali (alluvioni, terremoti, frane), alla necessaria solidarietà che si crea per confortare le vittime e riparare i danni; ad accettare, seppur con dolore, le imprevedibili furie delle natura. Poi, l’Italia è vista con simpatia e, i più cosmopoliti, hanno ricordato il patrimonio storico distrutto, sparso in ogni cittadina e piccolo paese. Qualche citazione per la battuta vivere in tenda come una “vacanza in camping”. I giornali e la gente hanno ricordato i tanti terremoti che hanno distrutto vite e città nel Bihar, nel Bengala, in Nepal.
A Kathmandu, poi, ogni tanto la terra trema. Ultimamente nell’ottobre 2007 e nel febbraio 2009 (intorno al 4-5° Richter). Ancora prima, nel 1998 oltre 500 morti nel Nepal orientale e nel Bihar indiano. Insomma l’arco himalayano (in costante movimento) è una zona ad alto pericolo sismico e la Valle di Kathmandu, per le sue caratteristiche urbanistiche, è considerata ad altissimo rischio, fra le 21 città a più alto pericolo terremoti. Nel 1934 la grande tragedia, solo nella Valle si contarono 5000 morti (su una popolazione di 100.000) ma morirono oltre 15.000 persone nel Nepal orientale (luogo di frattura della crosta terreste) e nel Bihar. Gran parte di Kathmandu, case templi, furono distrutti (nella foto del tempo la Piazza di Basantapur). Allora si raggiunse magnitudo 8.4;  ancora prima terremoti, di cui non si hanno molti dati, nel 1833 e nel 1904.
Oggi, un evento del genere sarebbe una tragedia immane.
Un po’ come in Italia (dagli anni ’50), negli ultimi 20 anni a Kathmandu si è costruito a raffica senza il minimo criterio. In Italia almeno ci sono leggi che dovrebbero prevedere (spesso solo sulla carta) criteri sensati di costruzione, qui neanche quelle. Vagonate di mattoni, cemento poco armato, case simili a piramidi rovesciate, appoggiate una sull’altra, strade e ponti che si sfaldano già durante il monsone; 3.000.000 di persone accatastate nella parte centrale della Valle. Anche qui centinaia di monumenti e costruzioni storiche a cui nessuno pensa neanche per la manutenzione ordinaria.
In Nepal tutti sono abilissimi a fare dei grandi studi e, perciò, anche sul rischio di un terremoto in molti (enti nazionali ed internazionali) si sono sbizzariti. Una scossa come quella dell’Abruzzo provocherebbe 60.000 morti, il 60% delle case distrutte, il crollo di 12 su 14 strutture ospedaliere, il 50% dei ponti e delle strade distrutte, la distruzione dei già fatiscenti sistemi idrici ed elettrici.
Qui, poi, ci saranno tre autopompe dei pompieri, una cinquantina di ambulanze, e si è visto come è finito, il disaster management nazionale ed internazionale per l’inondazione del Terai.
Non ci sono neanche milioni di euro per strutturare una protezione civile come in Italia e renderla in grado di fare, pur con qualche limite, il suo dovere. Anche qui i membri delle consorterie hanno fatto poco niente per dare regole, definire responsabilità, impedire costruzioni irregolari e pericolose, pubbliche e private. Per fortuna, almeno l’Impregilo (costante attore negli scandali pubblico\privati italiani) è stata cacciata dal Nepal, dopo l’immane vergogna della diga sulla Gandaki (finanziata dalla Banca Mondiale) quando, cercò di appropriarsi di USD 50 milioni adducendo costi aggiuntivi (su un budget complessivo d’asta di 130 milioni). I meccanismi, sistemi, consorterie statali sono identici a quelli della cooperazione internazionale. Speriamo che la diga non si sfaldi come il 90% dell’ospedale di l’Aquila.
Per la prevenzione siamo, poi, senza rete mi racconta Jeevan, che ha lavorato a lungo in diverse organizzazioni operanti nel business solidale del Disaster Management. Disgustato è andato a lavorare in una banca.
Anche qui, controlli zero; case, scuole ed edifici pubblici crepati e dimenticati, nessun intervento strutturale per assicurare l’agibilità di ospedali e centri di soccorso. In compenso un gran proliferare di rapporti, relazioni, piene di sigle, spesso confuse anche per chi le scrive. Stranamente le stesse cose le dice chi dovrebbe fare qualcosa, cioè Robert Piper, UN Resident Coordinator to Nepal We desperately need to put together a plan aimed at reducing the valley’s vulnerability, and preparing the city for the inevitable, explaining that no plan exists ”
Jeevan racconta che sono decenni che si parla e scrive sulla prevenzione di un terremoto, sono circolati milioni di euro, sono stati fatti centinaia di meeting e coordinamenti. Però, aggiunge, non risulta che siano previsti punti di raccolta e che su questi sia stata informata la popolazione, né che siano state costituite task forces (pompieri, esercito) con attrezzature adatte ad interventi d’emergenza, né strutture logistiche (acqua, alimentari, pronto intervento sanitario). Però è previsto il 15 gennaio, l’Earthquake Safety Day.

7 risposte a “Nepal: se la terra trema

  1. caro Enrico,
    come forse non sai, sono abruzzese. ma vivo a Venezia da tantissimi anni. Purtroppo la mia terra è in una condizione critica. Non posso andare ad aiutare direttamente perchè non iscritta alla protezione civile. E pensare che ho fatto tanto per il Nepal…ma tutto ciò non viene riconosciuto in Italia, le condizioni sono diverse…in parte li capisco. Sono tornata in Abruzzo e sto aiutando degli sfollati. Ho avuta distrutta la mia casa.
    Condivido con te questo momento perchè i miei amici nepalesi mi stanno dimostrando una solidarietà incredibile. Mi hanno addirittura telefonato in Italia…e tu sai bene quanto costi per loro….
    Erano veramente preoccupati. Ora che ho letto il tuo post ne capisco anche meglio le ragioni. Grazie.
    Qui continuano le scosse. questa notte abbiamo avuto 5.1 della Richter ma per fortuna ci siamo svegliati senza altri danni.
    A volte è straordinario vedere come si riesca a condividere una situazione difficile anche tra popoli così diversi.

  2. Cara Sonia
    ieri un’amico mi parlava di un libro scritto da un bambino che visse un terremoto e che raccontava che anche i suoi sogni tremavano. Ed è tutto dire. Visto dove sei sarai tu a tenermi informato di quello che accade.

  3. caro Enrico. torno adesso dal funerale di stato. quasi 300 vittime. i danni sono ingenti. sto cercando di collaborare con la protezione civile. manca tutto. dai vestiti al cibo. per foruna sono abituata a estire queste situazioni. affrontare tutto questo con la tua gente è però difficile. Mi sento quasi in colpa. quest’estate volevo tornare in Nepal..ma adesso so che il mio posto è qui. Vedremo come evolve la situazione. Si parla di fare una l’Aquila due vicina alla città distrutta. Gli aquilani, e io con loro, siamo assolutamente contrari. Ho parlato con i responsabili del piano regolatore. ci sarà da lavorare…e per molo tempo.
    Dal Nepal mi giunge un dolce pesiero. Gli amici indù festeggiano l’imminente capodanno e mi scrivono: Don’t worry, this is only nature’s rule. You always sayd us don’t worry. Now we say you it. Now we pray Shiva for your trown.
    Un caro pensiero. per me molto caro..perchè so che anche loro conoscono la sofferenza.
    Buon anno Enrico

  4. L’approccio religioso cattolico e’ stato dire ai disgraziati del terremoto che l’evento era stato voluto e ben pianificato da dio per farli sentire piu’ vicini alla sofferenza del cristo.
    Spero almeno che da questo punto di vista induisti e buddisti abbiano saputo essere un po’ meno ridicoli.

  5. Da sempre l’uomo cerca un modo per lenire le sofferenze. Del resto non è possibile prendersela con la Natura, bisogna accettarla.
    Qua, in teoria, insegnano.

  6. Apprezzo la tua risposta… del resto l’unico modo per non prendersela con la natura e’ comprenderne le regole: se non puoi ammansirla, almeno prevedila.
    Ma qui sfociamo in un altro topic.

  7. grande topic la prevenzione: tante regole, tanta carta, nessuno responsabile, tutti bravi. abbiamo già dato.

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