ONG dietro la lavagna: se si copia il peggio dell’industria dell’assistenza

bambini-mozambicoL’inglesino Max è riuscito a scampare alle risse d’Oxford Street per comprare qualche cappotto con il 70% di saldo, mi racconta di gente che, con un freddo polare, era piazzata davanti ai magazzini fin dal primo mattino. Lui è scappato dalla calca e si è tenuto il cappotto vecchio con il quale s’aggirava, inquietante per Kathmandu quando lavorava (bene)  nella cooperazione internazionale. Mi racconta che lassù c’è aria di disastro, più che in Italia. Ha chiuso Woolworth, Zaani (per restare nei big stores) e altri tireranno giù le saracinesche dopo i saldi.
Abbandonato Oxford Street ha catapultato le analisi sui risultati della grande industria dello sviluppo su ciò che fa la piccola industria dell’assistenza internazionale (ONG\ONLUS) , a cui gli italiani donano  circa 500 milioni l’anno. Non cambia molto, se non nelle dimensioni, rispetto ai metodi inefficaci visti per la grande. Cioè, segnala:

  • spese di struttura e marketing che raggiungono l’80% delle risorse (la logica dell’automantenimento più che delle attività a favore dei beneficiari)
  •  growth of aid bureaucracies who live and feed on keeping the poor poor (vedi esempio  post)
  •  Personaggi che are not likely to solve the problems they work on, since doing so would put them out of a job (vedi esempio  post)
  • preferenza a parlare behalf of poor communities piuttosto che a lavorare  insieme ad esse
  • Spreco delle risorse either through inefficient or by ending up in the private hands  of local or national political leaders

Max nota che poco si parla, nella stampa italiana e dei paesi sostenuti, di questi andazzi e si domanda perché nessuno fra i molti corrispondenti esteri dei giornali, invece di copiare (a volte sbagliando), le notizie dei quotidiani locali non fanno una bella inchiesta visitando una decina di progetti di ONG, ONU e Cooperazione ufficiale per vedere cosa c’è di reale. Lui potrebbe già suggerire qualche posto: Pashupatinath (Kathmandu), Dolpo (Nepal occidentale), Pondicherry (India del sud), Everest (Nepal), Kompong Chaang (Cambogia), Kirtipur (Kathmandu), Sihanoukville (Cambogia), etc. O, come scrive l’Himalayan Time (31-12-08) andare a verificare la denuncia fatta un Associazione di sieropositivi nepalesi , secondo cui i fondi del Global Fund loro destinati sono scomparsi non-government organisations working to support people affected with HIV/AIDS have been misusing funds meant for their treatment, and education of their children to buy luxury vehicles for private use. La National HIV Federation vuole andare a fondo e capire che fine hanno fatto gli oltre USD 3 milioni distribuiti a governo, ONG locali e internazionali.
Meglio far finta di non vedere e lasciare che le coscienze siano tranquille e che il “sistema”, politicamente lottizzato vada avanti. I soldi vengono dati, le coscienze pubbliche e private placate e chi se ne frega se i beneficiari (come gli utenti dei servizi statali) ricevano solo briciole.
Per scendere nel pratico vediamo come esempio della qualità e quantità delle spese delle ONLUS\ONG che lavorano nella cooperazione quella della nostra ONLUS (CCS Italia); già analizzata (per il bilancio 2007) come esempio a seguito di segnalazioni da parte di partners e comunità nepalesi. I poveretti hanno visto affossare attività, progetti e organizzazioni comunitarie dopo averli creati e lavorato per 5 anni (con ottimi risultati) per dare qualche opportunità a bambini e famiglie (anche negli anni tesi del conflitto civile).
Le ragioni dell’affossamento risultarono essere quelle generali soprasegnalate. Infatti, i nuovi assunti (tutti appartenenti alle caste più elevate) hanno rimpiazzato (licenziandoli) le persone dei villaggi (tutti Tamang di casta bassa) che avevano iniziato nel 2003 i progetti e costituito un organizzazione locale ora distrutta. E’ la nota, studiata e diffusa malpractice in cui i ricchi dei paesi poveri gestiscono (a loro beneficio) gli aiuti internazionali. Lo dimostra un esempio di attività in sostituzione dei progetti (su salute, sostegno alle famiglie, integrazioni alimentari, etc.), abbandonati:
-Practicable demonstration on personal health and hygiene, i.e. develop basic cleanliness habits in students like cutting their nails (42 schools and ECDs centers).
Per non lasciare niente al caso, Max, chiuso in casa per salvarsi dalla folla dei saldi e nel freddo di Londra, si è andato a vedere il sito con l’elenco dei progetti fatti nel 2008. Ha anche notato che, per favorire la trasparenza verso i sostenitori , il sito è stato aggiornato (dopo 3 anni) solo il 20 dicembre, forse, per intercettare i donatori natalizi.
L’80% dei progetti prevede versamenti diretti a partners locali (che s’incaricano di svolgere le attività), distribuzione di materiale didattico ai bambini, costruzioni (affidate a imprese, si presume), perciò risulterebbe che il lavoro fatto dalla struttura dell’organizzazione in Italia e nei Paesi è limitato a un passaggio di denaro e al controllo dell’utilizzo.
Per attuare questi progetti (Mozambico, Zambia, Cambogia, Nepal) sono stati spesi euro 1.309.095 (dichiarano nel sito, spese che già compendono anche benzina, ammortizzamento auto, personale straordinario e altre spese di gestione). Le entrate complessive (in calo del 15% rispetto al 2007) saranno nel 2008 circa euro 3.200.000.
Viene lecito domandarsi, dice Max, come sono stati utilizzati i restanti euro 2.000.000 .
Sappiamo che CCS Italia è ben organizzato. In Italia si barcamenano: 1 Segretario Generale (e chi è Breznev?), 1 responsabile progetti, 1 responsabile qualità(?). Solo per questi ballano (lordi) più di euro 220.000 all’anno (al netto dei vari benefits), più gli stipendi per una decina tutti-a-tavolad’impiegati vari. Vi sono, poi, almeno 3 consulenti per il fundraising, 1 per i progetti e una società per il web-marketing. In effetti era necessario migliorare il marketing,  la campagna dello scorso anno ha prodotto una perdita di euro 160.000 fra investimento e entrate, (sempre soldi dei bambini).  Quest’anno sicuramente andrà meglio con la splendida idea di Tutti a Tavola, un po’ di telemarketing, viaggi premio e una lettera di un politico trapassato (tutte attività che costano un bel po’ di soldi  (consulenti e marketing pagati con i soldi che i donatori vorrebbero impiegati per i bambini). Situazione che ricorda l’inutile baraccone dei Millennium Development Goals visto nel post precedente. Max non finisce qui.

Per gestire, nelle forme indirette che abbiamo visto, euro 1.309.095 in progetti lavorano all’estero, a proposito di growth of aid bureaucracies: 10 espatriati (costo medio degli espatriati annuo euro 50.000 +casa+macchina+viaggi aerei+telefonino) e 130 locali (costo medio euro 15.000 annuo).

Elementi stravagantiIn Nepal,  come abbiamo visto si è speso 150.000 in struttura su 350.000 euro inviati; il personale locale nel 2006 era di 6 persone per gestire il doppio delle attività, come segnalano i partners nepalesi. In Cambogia per gestire progetti per euro 65.000 (di cui 34.000 girati a partners locali) spendono per personale e struttura euro 115.000.

Per completare il quadro: le ONLUS\NGO sono gestite da  un Consiglio d’Amministrazione che, contrariamente alle aziende private, dove per esserci si mettono soldi o lavoro, qui si approda (almeno nell’esempio in questione) senza né uno nè l’altro. Ciò implicherebbe che i membri volontari dovrebbero contribuire con parole (queste non mancano) e lavoro volontario all’attività dell’associazione per ridurre i costi di personale, liberare fondi per i bambini beneficiari; se no rischiano di fare la figura degli scrocconi (di visibilità e scampoli di potere).
Max, inoltre, è un po’ infastidito (è inglese e moderato). Lui ha lavorato come volontario per questa associazione in Nepal nel 2006, contribuendo a corsi di formazione per il personale locale e alla preparazione delle registrazione presso il Ministero degli esteri nepalese (MAE), lui pensa che qualcuno dei membri del CDA si faccia pagare una bella consulenza, per analoghi lavori. Non ci posso credere sono soldi dei bambini.
Bè, dico, io, sarebbe bello che per gestire progetti per euro 1.309.000 (poco più del fatturato di una grande rosticceria, per rimanere in tema con l’immagine associativa) ne utilizzassero euro 2.000.000 (soldi donati per i bambini) e quasi 150 persone (fra espatriati, locali e 5 poltronati nel CDA).

Max, dopo questa analisi, non c’è la fa più con ONLUS\ONG, vuole fare domanda alle Nazioni Unite; lì, in confronto a questi, arrivano più soldi ai beneficiari e forse, ogni tanto, s’intravede qualche attività sensata. Qui il 75% dei soldi donati se ne va nell’automantenimento.

6 risposte a “ONG dietro la lavagna: se si copia il peggio dell’industria dell’assistenza

  1. Ciao,
    condivido molte delle critiche che muovi, visto che anche io ho lavorato per un bel pò come cooperante e sono amareggiato come te. L’umanitario è sempre più un’industria di cui beneficiano i dipendenti ed i dirigenti e rischia di avere il perverso effetto di assolvere le coscienze pubbliche e private perpetuando il sottosviluppo, senza il quale non esisterebbe.

    Ma l’argomento è ben più ampio, ripsetto a quello che scrivi, se pensi che il sistema UN funzioni meglio direi che stai prendendo un abbaglio, i costi di mantenimento di baracconi tipo UNICEF farebbero impallidire il CCS…
    Riguardo a quest’ultimo, il CCS 2 anni fa è stato travolto da uno scandalo notevole, i vecchi dirigenti infatti dirottavano centinaia di migliaia di Euro sui loro conti correnti in Svizzera, forse è per questo che erano più efficenti sul campo.
    Ora è diretto da un comitato di “saggi” che aveva appunto il compito di traghettarlo fuori dalla crisi, le critiche che fai se sono documentate spero facciano fare marcia indietro agli attuali consiglieri…io vivo a Genova, se vuoi li vado a trovare 🙂

  2. Caro Matteo
    non penso che il sistema ONU funzioni meglio come puoi leggere nei posts relativi ai MDGs ma penso che, come scritto, che le ONG dovrebbero rappresentare un approccio diverso alla cooperazione, diretto con le comunità per farle crescere sia collettivamente che individualmente e questo, spesso non avviene.
    L’argomento è sicuramente più ampio e, se vuoi aggiungere, il tuo parere o altre argomentazioni sei il benvenuto ma i dati indicano che le spese non sono molto differenti, come puoi leggere in questo posts e in quelli precedenti.
    Riguardo al CCS i dati utilizzati in questo e altri posts sono presi dai loro bilanci o sito e indicano che le spese di gestione sono aumentate con la direzione dei “saggi” e i progetti e programmi calati. Forse è aumentata la forma, l’immagine e il marketing. Se vai a trovarli potresti chiedergli che fine ha fatto CCS Nepal (l’organizzazione di Tamang che gestiva e ha creato i progetti a Kavre) e che ruola ha adesso, il progetto sanitario con l’Ospedale di Dhulikel sostituito con una clinica privata e quanti funzionari lavoravano nel 2006 nell’ufficio di Kathmandu e quanti oggi, etc. Quanti insegnanti e operatori locali sono stati licenziati, quante distribuzione di materiale didattico hanno fatto negli ultimi due anni e perchè hanno dimezzato le integrazione alimentari ai bambini degli asili. Magari i “saggi”, se non sono impegnati a fare consulenze a destra e a manca, te lo diranno.

  3. che amarezza…
    e per chi, anche gratis, volesse fare qualcosa? verso dove dovrebbe indirizzarsi. lavorando per chi si fa meno del male ai locali? chi sono dunque i meno corrotti, se ci sono? E’ davvero tutto cos’ economicamente marcio?

  4. Bè qualcuno, come scritto in altro post, che lavora bene, con passione ho avuto la fortuna e il piacere d’incontrarlo. Ce ne saranno tanti, spero, in giro per il mondo. In teoria, lavorare bene con e per i beneficiari, dovrebbe essere la regola.

  5. Molti mi chiedono se l’ingenuo Matteo è riuscito a parlare con i “saggi” del CCS, qualcuno mi segnala che forse sono troppo presi dalle diverse opere pie che consultano (AMT, Porto, compagnie d’assicurazioni, Università). Tutte a Genova un pò nell’occhio del ciclone.

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