Dai villaggi del Nepal, i disastri delle ONLUS italiane

donna-e-bambinoStagione brutta per i raccolti in Nepal, il monsone è stato debole e il mais e il riso sono scarsi. Si stima un calo della produzione agricola intorno al 20-30% cioè due-tre mesi in meno d’autonomia alimentare per le famiglie. Situazione più grave nei distretti collinari centro-occidentali dove è abituale il deficit alimentare. Le solite ragioni: l’agricoltura dipende dalle piogge monsoniche niente è stato fatto malgrado ingenti investimenti internazionale da decenni per migliorare il sistema idrico (conservazione, pozzi, tanks, etc.) e l’ irrigazione dei campi. Il Nepal è uno dei paesi con le maggiori risorse idriche mondiali ma queste non vengono gestite. Un recente studio di un gruppo di economisti nepalesi (Is foreign aid working?) riporta che nel periodo 1990-2005 oltre il 50% degli aiuti internazionali sono stati destinati a sviluppare il settore energetico, l’agricoltura e il water management (7 miliardi di dollari). A Kathmandu si usano le vecchie fontane, la luce manca per 12 ore al giorno, nei villaggi non si riesce a fare raccolti sufficienti per sopravvivere e la gente deve camminare per chilometri per raccogliere l’acqua per bere e fare da mangiare.
Questa è anche la situazione dei villaggi del Timal (Kavre) dove iniziammo a lavorare nel 2003, anche lì è tutto secco e i raccolti sono stati scarsi. Fa caldo, e, forse per questo la gente sembra più incazzata.
Se non altro, prima del 2007, qualche progetto funzionava per assicurare educazione, salute, integrazioni alimentari a bambini e famiglie. L’unico che và avanti un po’ incasinato è quello per portare l’elettricità alle 60.000 persone che vivono in quest’area, solo grazie alle comunità .
Incontro insegnanti, gente dei villaggi con cui abbiamo lavorato e condiviso esperienze per anni e mi parlano con rabbia e amarezza della progressiva chiusura di tutte le attività iniziate allora: niente più distribuzione due volte all’anno di materiale didattico a 6000 bambini; licenziamneto per decine d’insegnanti; fine del progetto sanitario, delle visite mediche e delle analisi fatte a oltre 4000 bambini e 300 famiglie, dell’idea di creare un sistema assicurativo per garantire ricovero ospedaliero gratis, niente più integrazioni alimentari per 850 bambini degli asili, , fine delle classi di sostegno per i ragazzi sponsorizzati da sostenitori italiani iscritti nelle scuole secondarie, fine del supporto all’unica scuola superiore costruita nella regione (10+2) scuole costruite e non finite (come quella di Chapakori, ne avevamo già parlato) e via discorrendo.
Adesso mi raccontano, l’Ospedale di Dhulikel si è stufato di lavorare con questi cialtroni di mandare gruppi di medici a visitare i bambini dei villaggi quindi l’intervento sanitario per i bambini si è ridotto a : “arriva un dentista di una clinica privata di Kathmandu, ci guarda i denti, dice dobbiamo fare questo e quest’altro e poi arco barsa betulla (ci vediamo l’anno prossimo). La gente ride quando li vede arrivare e pensano a quanto questi spendono per non fare niente.
Breve descrizione della situazione in risposta ai numerosi sostenitori di bambini nepalesi che sperano di far qualcosa per i bambini di Kavre (Timal) tramite l’ ONLUS italiana CCS Italia (Centro Cooperazione Sviluppo) nelle scuole di Naryansthan Thulo Parsel Bolde Pediche, Chapakori, Sarsyurkarka. Le sigle sono NCS, NKS, NN (tutte), NSB NSH, NT (tutte), NBD, etc.
Misfatti scritti da tempo dagli operatori locali, alcuni dei quali licenziati per questo, e dallo stesso Social Welfare Council (l’ente governativo, oggi finalmente ristrutturato incaricato di vigilare e controllare le presunte attività delle INGO). Nei giorni scorsi Evaluation Team del Social Welfare Council ha fatto il giro dei villaggi riscontrando e ufficializzando in un rapporto questo disastro e ripetendo cose già scritte l’anno scorso. Gli scrocconi in Italia se ne fregano basta raccogliere soldi.
Eppure i soldi arrivano, come anni orsono, ma si fermano a Kathmandu e in Italia.
Su 100 euro che uno sponsor italiano versa 45 sono usati dalla sede italiana per stipendi, viaggi, meetings, consulenti per la qualità (avanti e indietro per i paesi) per il webmarketing, per la comunicazione, per i progetti, per incontri di team building per decine di persone a Rapallo.
Dei 55 euro che arrivano in Nepal più della metà sono mangiati da una banda di 25 persone locali pagate mediamente (1000 euro+benefits) e da un inutile espatriato o missionario laico (euro 2500 netti+benefits). Questi fanno gran cooperazione a favore degli hotels a 5 stelle con meeting e workshop (basta guardare il sito e le attività contenute nell’AIN, l’associazione delle INGO nepalesi). Dati tratti dal Bilancio 2007 di CCS Italia ONLUS).
Per i bambini dei villaggi ne restano meno di 25 e neanche questi arrivano e non si sa dove vadano a finire.

Poiché parte degli attuali amministratori del CCS fanno parte del sistema politico-affaristico (dal PSI in poi) che ha saccheggiato da decenni l’Italia alla faccia dei cittadini non sorprende che lo stesso avvenga per i beneficiari nepalesi. Applicano gli stessi metodi.
Qua, però, spero che la gente s’incazzi e fortutamente, ciò sta avvenendo.
Un preside mi racconta che la Country Director nepalese tale e furba Chanda Raj (euro 1500 mensili+benefits, (mentre il maoista Prachanda primo ministro ne guadagna 750) si vede 1 volta all’anno, troppa polvere e fatica. E, aggiunge bisognerebbe mandare la sua foto ai sostenitori italiani visto che i soldi destinati ai nostri bambini se li prende lei.
Poi con una faccia di merda, questi delinquenti si presentano nei villaggi e propongono un accordo con le scuole che prevede un versamento annuo (medio) di Rs. 80.000 (euro 800) per assicurare educazione, libri, insegnati magari a 200 bambini sostenuti. Cioè euro 4 per ogni bambino su 252 versati all’anno da un sostenitore italiano.
Questa proposta è fatta dai funzionari nepalesi di CCS Italia che guadagnano, per gozzovigliare a Kathmandu, euro 1000 al mese. (in un paese in cui il reddito procapite è euro 600 all’anno)
Con questi soldi dati alle scuole, mi dice un insegnante questi pagano una persona per fare le lettere e le foto dei bambini sostenuti da spedire in Italia, per raccogliere soldi per stipendi e prebende ai funzionari nepalesi e italiani di CCS Italia.
La gente dei villaggi è presa in giro da un gruppo di delinquenti e incapaci. Mi chiedono cosa possono fare, perchè tutto quello che si faceva prima per bambini e famiglie è stato distrutto.
Non ho parole. Se non contribuire a far conoscere questi misfatti ai sostenitori italiani che già mi hanno scritto esprimendo dubbi sulla capacità e serietà di CCS Italia (del resto basta leggere la pochezza delle attività nel loro giornalino).
Non è facile trovarle, ma sicuramente, ci sono associazioni migliori dove donare ed esprimere solidarietà.

9 risposte a “Dai villaggi del Nepal, i disastri delle ONLUS italiane

  1. CAro Enrico
    ma è possibile che tutti (bloggers promodigital, saggi ccs) rispondono, non rispondono, spariscono.
    Nessuno verifica se le cose che scrivi siano vere o no. E se sì come so, spingere per modficare questi sprechi clamorosi negli interessi dei beneficiari nepalesi e della stessa serietà dell’organizzazione e di chi la propaganda?

  2. Ciao Serena
    penso che a livello generale: saggi, consulenti, web sellers, bloggers, e per certi versi anche molti sostenitori se ne impippano del Nepal e dei beneficiari.
    Ognuno pensa a sè stesso, ai propri guadagni e a una ripulitina della coscienza.
    I saggi poi (vedi post vassalli, valvassori, etc. e i documenti relativi nella pagina doc) sono gentaglia abituata a farsi gli affari propri a spese della comunità, credendosi una casta impunibile. Ora, forse, i soldi per mantenere il sistema politico-affaristico che hanno creato stanno finendo, troppa gente è esclusa. Speriamo che una bastosta elettorale o qualche scandalo li seppellisca.

  3. caro enrico, purtroppo giá conoscevo di fama la ccs italia, ne ho letto anche sui giornali….di mezzo ci sono andate anche persone oneste che facevano il loro lavoro e che hanno visto infangare ingiustamente il loro nome………….per fortuna queste persone hanno preso le distnze dai loro magheggi. ma da quanto scrivi gli alri continuano. quello che é schifoso é il sistema retributivo delle persome che sono lí. 1000 euro…o 1500 euro sono una cifra incredibilmente alta per il nepal…considerando le condizioni in cui vive la maggior parte della popolazione. come si puó parlare di onlus….cavolo…piú lucro di cosí! a questo punto penso che il metodo migliore sia qello raro e assoluamente incredibile al quale ho avuto i paicere di assistere : un privato con troppi soldi, tanto tempo libero e un cuore immenso che trovava piacere solo nel costruire e donare in maniera totale…totale…totale e assolutamente silenzioso tutto a fondo perduto. chi collaborava con questa persona, pochi e reclutati casualmente, non guadagnavano nulla se non la gioia nel sapere di star facendo qualcosa di utile. e tutto questo senza bilanci o cattolici di mezzzo…un rischio alto anche quello.
    ma questa realtá si é conclusa presto perché questa persona é venuta a mancare.
    le tue parole mi rattristano molto….anzi no…voglio essere sincera…mi fanno veramente incazzare. come si puó mangiare sulla testa degli altri? comes i puó farlo sulla testa dei nepalesi? le cifre di cui mi parli sono incredibili, incredibili….. se sono 100 gli euro donati almeno 70 devono arrivare ai bambini nepalesi e i 30 devono comprendere sia le spese italiane che quelle nepalesi, é piú che sufficiente, anzi, é giá troppo. se si sceglie di fare questo lavoro lo si deve fare seriamente altrimenti si decide di rimanere in italia a fare i promotori finanziari, gli industriialotti del nord est o gli avvocati …se si vive bene e a posto con la coscienza nel condurre una vita simile. le misure di guadagno indiscriminato e selvaggio sono personali, moralmente ed eticamente personali, non possono riguardare realtá come quelle delle onlus perché si tratta di un controsenso che ha dell’incredibile.
    scusa lo sfogo enrico, ma queste cose mi mandano veramente in bestia perché c’é gente lí in nepal alla quale sono legata, che lotta tutti i giorni per la soprvvivenza, che svolge il proprio lavoro onestamente e non chiede niente a nessuno…semplicememte subisce una situazione del paese che giá é quello che é…ritengo che gravare ulteriormente su questa condizione sia deplorevole…viscido

  4. Ciao Enrico,
    tutto questo e’ uno scandalo ma pero’ molte persone non sanno nulla.

    Saro’ un po’ ingenua ma io credevo che le NGOs nei paesi del terzo mondo facessero la differenza finche’ nn ho visto i macchinomi delle nazioni unite e sento un amica nepalese che mi dice che vuole aprire un centro per bambini di strada o un centro estetico per fare soldi!

    Biasimo una componente della societa’ nepalese che vede le NGOs come vacche grasse da mungere e biasimo organizzazioni che usano i soldi delle donazioni per arrichirsi.

    Una domanda: perche’ non segnali il caso di CSS Italia a qualche giornalista italiano cosicche’ la gente in italia che adotta bambini a distanza sa cosa succede ai propri soldi (creare uno scandao insomma)? penso che molta gente apprezzerebbe il gesto e tanti queste cose non le sanno.

    Ciao

    Maria

    Maria

  5. Ciao Maria
    il caso è già segnalato in Nepal e in Italia. Le comunità e l’organizzazione locale non accetteranno queste condizioni. Ero nei villaggi è ho visto la rabbia salire, perchè si sentono presi in giro. Spero si rifiuteranno di consegnare lettere e foto, pubblicheranno una lettera di protesta, la consegneranno alle autorità competenti e facciano una bella causa a CCS Italia per non aver rispettato gli accordi, azzerato i progetti, sperperato i fondi. Vedremo e aggiorneremo.

  6. Ciao Sony
    il problema è che, come scritto, non vi è un gran interesse su ciò che accade realmente ai beneficiari. In generale conta più la forma, i reports, i finti racconti che nessuno verifica. Una bella faccia di un bam,bino nepalese serve a raccoigliere i fondi, poi dove vadano a finire è un ‘altro discorso.

  7. ciao enrico,
    ho scoperto un po’ per caso il tuo blog e mi ci sto soffermando un attimino. lo trovo interessante. sono a kathmandu da circa 10gg e ci resterò per qualche tempo ancora. Avrei piacere di poter incontrarti per fare una chiacchierata e capire meglio certe cose e/o dinamiche. pensi si possa fare?
    attendo notizie e ti auguro una buona serata.
    marco

  8. Enrico, leggo con stupore e vergona quello che tu hai scritto.Io sono una donna di 45 anni che da 10 anni ha fondato un ONG in Nepal e grazie all’aiuto di molti collaboratori siamo riusciti a portare il nostro sostegno a Tikapur nel Kailali.La mia associazione(non dirò il nome perchè non voglio farmi pubblicità ma solo rincuorare le molte persone che leggendo quello che scrivi possono perdere fiducia negli aiuti internazionali)lavora in Italia con un comitato direttivo di 6 persone tutte rigorosamente volonarie.La sede è a titolo gratuito nel mio studio medico e personalmente mi occupo delle spese contingenti senza alcun rimborso.I viaggi che periodicamente facciamo in Nepal sono pagati di tasca nostra e siamo inoltre tutti soci economicamente attivi.La nostra associazione si avvale a Kadmandu di un avvocato a cui diamo 300 euro al mese e di un volontario espatriato a cui offriamo a titolo di rimborso spese 500 euro al mese (soldi che recuperiamo con varie attività quali mercatini,cene etc,per non intaccare i 25 euro al mese che il sostenitore offre)
    Vedi che esistono realtà diverse da quella che tu descrivi.Ora noi siamo comunque una piccola associazione e mandiamo in Nepal circa 45 mila euro all’anno,ma ti assicuro che vanno tutti a beneficio dei nostri progetti.
    Un caro saluto.

  9. Ciao Grazia
    in altri posts avevo segnalato organizzazioni che operavano in Nepal e altrove con decenza e con progetti che avevano concreti risultati a favore dei beneficiari e non solo per i funzionari (locali e internazionali) delle organizzazioni. Sicuramente più le attività sono piccole e concentrate più è possibile controllare l’utilizzo dei fondi, non solo da un punto di visto quantitativo (spesso mascherato nei bilanci che fra poco vedremo) ma anche qualitativo, cioè se l’investimento rende per chi lo riceve.

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