Basterebbe poco: i bilanci delle ONLUS

bilancio socialeBasterebbe poco, a una ONLUS\ONG, per fare un bilancio trasparente e tacitare le critiche montanti sull’efficacia e serietà di queste organizzazioni.  Basterebbe scrivere e dettagliare quanto entra, quanto è speso in Italia (per amministrazione, personale, spese generali, comunicazione, convegni e meetings, attività varie, viaggi su e giù), quanto è speso dalle strutture nei paesi sostenuti per le stesse cose, quanto arriva veramente ai beneficiari diretti, dettagliando come questi soldi sono stati utilizzati.

Nessuno lo fa, anzi, negli ultimi anni, è cresciuta la nebbia fatta da certificazioni di bilancio, maquillage dei fundraisers (che guadagnano sui soldi che dovrebbero procurare), comunicatori vari, report fotografici (bilanci sociali). L’impressione è che questa nebbia (costosa e inutile) serva a nascondere alcune cose semplici cioè che gran parte dei soldi donati se li beve (o magna) la struttura in Italia e gli italiani che lavorano nei Paesi sostenuti.  Su quanto valgono le certificazioni ci sarebbe da aprire un capitolo (specie visto il loro passato nel profit) tanto che, nel settore privato, sono considerate un male necessario, un elemento del marketing aziendale, o buoni suggeritori per nascondere le magagne dei bilanci. E’ difficile che chi paga i controllori possa essere controllato.

Il quotidiano il Giornale ha tentato un inchiesta sulle ONLUS ma si è fermato all’apparenza, forse non voleva pestare i piedi a qualcuno. Qualcun altro, nel passato, aveva segnalato che i cooperanti dovevano versare una mazzetta (sottratta dai propri stipendi) all’organizzazione, ed è noto che fra il 10 e il 20% dei soldi impegnati per un progetto finanziato dai donatori istituzionali finisce nelle casse della ONG che se lo accaparra; più un altro 30-40% per le spese di gestione del progetto stesso.

Il grande trucco, segnala Max e i suoi amici analisti da Londra, sta nell’imputare spese di gestione italiane fra i fondi destinati ai beneficiari. E da qui partono, indicandomi alcune stranezze.                                          Tanti bilanci, in realtà, non lo sono in senso tecnico, ma solo una stentata sintesi; pressochè inutile, per comprendere il reale utilizzo dei fondi. Action Aid, AMREF (fra le poche in crescita d’entrate +6%) sono un esempio di questo stile essenziale; Intervita, parla di Conti Chiari (come le banche!) e pubblica quattro numeri. Save the Children Italia e Pangea ONLUS sono rimasti al 2007.  Note segnalate da Londra: meno i bilanci sono trasparenti più crescono le spese di comunicazione e marketing e abbondano le certificazioni.

Altro elemento comune nei bilanci ONLUS\ONG è la loro somiglianza, come allocazione di fondi, a quelli di una holding dove i soldi sono tenuti ben stretti. Nei bilanci di molte ONLUS, BOT, CCT, Fondi d’investimento, conti correnti bancari (le cosiddette disponibilità liquide, che tanto liquide visto la forma d’investimento non sono) bloccano una buona parte di fondi destinati ai beneficiari. (30% delle entrate per Terre des Hommes; 20% CCS Italia).

Poche finiscono in passivo, fra queste c’è, ovviamente,  CCS Italia (- euro 100.621) esempio globale di malagestio,  ripianato con fondi risalenti alle precedenti gestioni; l’ASVI ha un risultato operativo negativo (circa euro 700.000) ripianato da non meglio precisati proventi straordinari

L’ Ai.Bi (Amici dei Bambini) ha il bilancio più trasparente, fra quelli visionati, e, infatti, non ha certificazioni di qualità o finti auditors. Leggendo il bilancio dell’Ai.Bi emerge, correttamente, quello che le altre ONLUS vogliono nascondere cioè che almeno il 60% dei soldi donati finisce nella gestione della struttura italiana (+ un altro 25-30% in quella estera). Per struttura intendiamo affitti, stipendi, viaggi, macchine, workshops, spese generali (consulenze, avvocati, fundraisers, etc.).  L’Ai.Bi, seriamente, dichiara che quasi 3 milioni di euro sono utilizzati per pagare il personale (in Italia e all’estero), euro 804.256 per comunicazione, euro 1.100.000 per spese generali (entrate, in calo di circa il 10% a euro 7.755.000).

Come detto, su queste spese, la maggioranza delle altre organizzazioni fa la furba.  Le spese di gestione (in Italia o per italiani)  sono, nella norma, messe sotto il grande e indefinito tappeto della voce “spese per progetti” come Terre des Hommes, (in calo marginale d’entrate); “oneri per programmi nel sud del mondo” come Action Aid, (in crescita del 5%). Nessuno si prende la briga di specificare come questi soldi siano spesi, quanto per la struttura nel Paese, macchine e benzina, stipendi per i funzionari locali, etc.

Casi misteriosi sono Intersos che dichiara nel suo bilancio sociale di disporre di 94 “operatori umanitari” e 1400 operatori locali ma sbatte tutte le spese (ad occhio e croce euro 10.000.000) negli “oneri per progetti e attività” senza specificare i costi del personale (e quelle di gestione). A qualcuno, forse, farebbe piacere sapere quanto dei 15 milioni di euro incassati (e detratte le spese dichiarate di struttura in Italia :euro 1.500.000) quanto in realtà arriva ai beneficiari finali.

Cadiamo nel ridicolo con CCS Italia in cui i costi di personale sono stati dimezzati dal 2007 al 2008 (passando da 304.000 a 172.095) mentre nella realtà sono fortemente aumentati, portando in deficit l’associazione. Per rimanere su questi, le maestranze sono un battaglione (in proporzione al fatturato) cioè 1 dirigente (euro 90.000 lordi annui con benefits, 2 impiegati a euro 140.000 con benefits, 5 impiegati più sfigati per euro 200.000, 2 apprendisti (euro 30.000); più 17 operatori con contratto a progetto (circa euro 450.000 lordi e con benefits). Infine spariti nelle voci progetti anche un centinaio di operatori locali. Più 5 membri del Consiglio Direttivo, con qualche benefits e magari consulenze pagate.

Gli operatori locali, sui quali giugono voci pessime, guadagnano mediamente quanto il Presidente della Repubblica del loro paese (fra i 1200 e i 1500 euro mensili) per cui stimiamo  una spesa complessiva di euro 90.000 (per stare bassi). Poi aggiungiamo un po’ di consulenti, spariti fra spese generali e di comunicazione (altri euro 50.000). Qualche legale\socio a parcella salata (altri euro 80.000). Anche qui le spese generali sono passate da euro 186.1389 a euro 107.398 (dal 2007 al 2008), guarda caso. In sintesi, le spese superano il 70% delle entrate.                                                Dove hanno nascosto gran parte di queste spese? Semplice come è costume nel settore, nella voce “Uscite per Progetti”.

L’ingenuo sostenitore dice, ma che bravi, hanno dato più soldi ai bambini sostenuti ma, in realtà, se li sono spese per mantenere (e bene) un grosso e inutile manipolo di  italiani (vista la qualità e quantità delle attività, fa anche rima).     Se buttiamo dentro tutte le spese per mantenere il carrozzone (cioè loro stessi) accade che, come nella maggioranza delle ONLUS\ONG, è già un miracolo che su euro 100 versati ne arrivino 20 ai beneficiari sotto forma di progetti, magari qualche visita dentistica o Child Club. Qui si dovrebbe aprire il triste capitolo relativo alla qualità della spesa.

Fanno pena, poi, le giustificazioni per gabbare i lettori. Sempre dal CCS Italia leggiamo, con sconforto:  il risultato negativo  “è dipeso esclusivamente dalle maggiori risorse destinate ai progetti” o “la significativa differenza rispetto all’esercizio precedente è dovuta a una più attenta attribuzione dei costi di pertinenza ai progetti” anche l’Avvocato Azzeccagarbugli ( per rimanere fra i dirigenti dell’associazione) si sentirebbe preso per il culo.

Per finire la carrellata,  segnala l’attento Max, le multinazionali dell’assistenza (Action Aid, Save The Children, TDH) hanno la vita semplificata perchè infilano tutto   nella voce “programmi del network internazionale” o capitoli analoghi, ovviamente nessuno sà come vengono spesi.

16 risposte a “Basterebbe poco: i bilanci delle ONLUS

  1. ma come è possibile, come come è mai possibile andare in passivo? non si tratta mica di un’azienda che produce pomodoro in scatola…..parliamo di società nate con uno scopo ben diverso. non riesco proprio a capire come possa avvenire tutto ciò, sono incredibilmente sconcertata………..
    la passività è un controsenso oggettivo

  2. Ciao Enrico
    è molto interessante il tuo articolo sui bilanci ONLUS. Ho letto in altri posts di funzionari locali pagati 1500 euro in Nepal o di funzionari mozambicani che girano in Tojota. Ma questi non pensano a quanto stanno aumentando le disparità in paesi dove la gente comune guadagna euro 500- 600 all’anno, magari per fare l’insegnate di una scuola superiore.
    Per quanto riguarda CCS Italia, c’è poco da dire. Chi lo conosce lo evita. Però sarebbe interessante, per maggior trasparenza, che si sapesse il costo del direttore generale, del nuovo responsabile progetti, che non conosco, ma voci dicono completametne inutile.

  3. Ciao Serena
    quello che racconti è un fenomeno generale. In tuttti i paesi poveri ci sono privilegiati (pagati dalle Nazioni Unite o dalle INGOs) che vanno a fare la spesa in Tojota, soggiornano nei grandi alberghi, guadagnano 100 volte tanto di un abitante normale di quei paesi. Finchè lo fanno le Nazioni Unite…. ma è disgustoso che questa pratica sia stata copiata da piccole e grandi ONG. Un esempio, tale Chanda Raj (brava ex-infermiera) è diventata Country Director di una piccola ONG italiana che opera in Nepal. Esperienza zero, capacità (nel settore sottozero). Salario 1500 euro mensili+benefits (cioè macchina, telefono, portatile, pranzi e cene, viaggi, etc.). In Nepal il Presidente della Repubblica guadagna euro 750 mensili (anche lui con benefits). La ragione, l’italiano che vive e dovrebbe lavorare lì (guadagnando oltre euro 2500 al mese) non ha voglia ne è capace di fare un cazzo e dunque s’è preso una specie di COLF.
    Sul resto che dire, CCS Italia è un organizzazione sfagliante, gestita da politici e loro avvocati che presto fuggiranno, quindi hanno messo lì (pagandoli bene a dire il vero) un pò di teste di legno (in tutti i sensi). Se ti aspetti trasparenza da questa gente, stai fresca.

  4. Ancora una volta Enrico mi trovo a commentare i tuoi post ma lo faccio questa volta con una punta di disagio.
    Intanto parto da una constatazione: vuoi fare quello che commenta i bilanci in maniera imparziale e “anglosassone”? Bene! Fai come gli anglosassoni: metti un link al bilancio pubblicato sul sito e permetti a ogni singolo lettore di vedere con i suoi occhi quello che commenti per fare un raffronto. Da qui, per esempio, i tuoi lettori potranno scaricare il bilancio sociale di Terre des hommes: http://www.terredeshommes.it/bilanciosociale.php. A richiesta all’indirizzo info@tdhitaly.org potranno richiedere l’intero bilancio con tutte le note integrative.
    I tuoi lettori (e forse anche tu) si accorgeranno che:
    – gli altri proventi ammontano a 82.000 euro (ossia lo 0,82%)e le immobilizzazioni a 452.574 euro su un totale patrimoniale di 10.783.270 euro… E queste come dovresti sapere sono dati dello Stato Patrimoniale che garantiscono la solidità nel tempo dell’organizzazione e quindi anche la garanzia di continuità dei progetti (evitando maquillage di bilancio ma anche promesse al vento ai beneficiari).

    Sempre nel bilancio di Terre des hommes i tuoi lettori (e forse anche tu) vedranno che:
    – le spese per progetti ammontano a 8.526.517 euro (e si tratta di erogazioni ai paesi, dove ovviamente vengono pagati stipendi a logisti, psicologi, insengnanti, operatori sociali… ossia ai progetti!!!!!);
    – c’è una voce che si chiama “collaboratori di sede su progetti”: ammonta a 227.966 ed è tenuta a parte, proprio per non confondere lo stipendio di un desk progetti italiano con il progetto ma anche per identificare il ruolo e il costo che ha il personale di sede su progetti;
    – le altre spese di struttura sono evidenziate sotto le voci: spese di funzionamento, oneri promozionali di raccolta fondi e altri oneri e sono tutte divise per non creare confusione tra i vari costi;
    – le spese di raccolta fondi come si potrà vedere dal bilancio ammontano a 236.040 euro a fronte di 9.983.734 euro di entrate complessive e di entrate private er 4.342.690 euro (il che ci colloca nell’eccellenza italiana sull’efficienza del fundraising).

    Preciso inoltre che nessuno e nessun costo italiano è caricato su progetto… e questa è forse un’eccezione ma è certificata 😉

    A questo punto una domanda? Un controllo prima non lo potevi fare? In ogni caso ecco i riferimenti ai tuoi lettori per farsi un’opinione dopo almeno aver avuto modo di accedere ai documenti.
    Bilancio Sociale: http://www.terredeshommes.it/bilanciosociale.php
    Richiesta bilancio economico e finanziario: info@tdhitaly.org.

    Grazie per la disponibilità e a presto

  5. Ultima precisazione: TDH Italia non è una multinazionale della cooperazione (anche se non ci trovo niente di male nell’organizzarsi in maniera strutturata a livello internazionale). TDH Italia fa parte di una federazione, ma è totalmente autonoma e non riceve neanche un centesimo dalla federazione internazionale Terre des hommes. Questo vale per ogni altro membro della federazione Terre des hommes, uniti solo dalla difesa dei diritti dell’infanzia e dalla condivisione della Carta dei diritti dell’infanzia scritta dal fondatore Edmond Kaiser a Losanna nel 1960 (50 anni fa)… Basterebbe informarsi, chiedere, magari fare un giro sui siti, ma evidentemente preferisci scrivere senza verificare i testi. Che dire? Mi dispiace. Il tuo blog potrebbe essere molto utile, ma l’utilità in questo caso richiede rigore e qui non c’è!

  6. Alcune premesse: mi piace dialogare con Paolo Ferrara; il post è stato fatto un gruppo di persone che, per diletto o per volontariato, hanno dato un ‘occhiata ai bilanci di alcune ONLUS\ONG, per valutazione più attente e accomodanti ci sono schiere di siti di fundraisers e società di consulenza varie; non potevamo scrivere un trattato pieno di numeri.
    Ma entriamo nel merito, giustamente Paolo fa un discorso relativo solo a TDH, e fa bene visto le altre. Concludo, con una propulsione alla piaggeria, che, in data 2\11\2009, mi ha scritto una ragazza di nome Barbara chiedendomi se conoscevo qualche ONLUS decente per fare volontariato e le ho suggerito TDH.
    Dopo essermi imbonito Paolo entriamo nel merito del suo commento.
    1) citando le organizzazioni (e per alcune è stato messo il link) è agevole accedere al sito e verificare di persona.
    2) Il Bilancio Sociale non è un documento contabile ma solo una rappresentazione a fini di marketing (propaganda) della politica dell’Associazione, dei suoi risultati (inverificabili) e, infatti, come nel caso di TDH propone solo una “Sintesi dei dati Economico-Finanziari”: Una (1) pagina su 92 d’incensamenti generici.
    3) Paolo è giustamente un po’ a disagio perché non commenta alcune cose semplici come il fatto che nessuna ONG dettaglia come sono utilizzati i soldi nei paesi (struttura, salari, spese generali, dettaglio spese materiali per progetti, per trainings, workshops, pubblicazioni, etc.) così un donatore può capire come, dove e quando sono stati spesi i suoi soldi e non solo immaginarselo nell’immaginifico Bilancio Sociale.
    4) Non capisco poi perché uno deve chiedere note integrative e bilancio e questi non siano presenti, per default, nei siti delle Associazioni. Forse non c’è spazio poiché tutto è occupato in immagini esaltanti, richiesta di soldi e donazioni, fiumi di parole sul proprio impegno per salvare il mondo. Così finalmente si pratica (a parte i proclami) la trasparenza che dovrebbe essere fondamentale per questo settore.
    5) Il Bilancio, sempre sintetico di TDH è qui ttp://www.tdhitaly.org/dnload/Bilancio%20TDH%20Italia%202008.pdf
    6) O Paolo ha altri numeri o io leggo: Proventi Euro 9.983.734; Disponibilità Liquide (Depositi Bancari e Postali) Euro 2.524.860, cioè +o- il 25% delle entrate. Da nessun parte è descritto come questi soldi sono investiti (BOT, CCT, Conti Correnti, Fondi Lussemburghesi). Nel post non si mette in dubbio che questi soldi saranno, prima o poi utilizzati per la finalità dell’Associazione (ci mancherebbe altro) ma, visto i mali del mondo e l’impegno verso i beneficiari (così ben descritti) che dovrebbero essere usati subito e non investiti come in una holding..
    7) Paolo scrive che TDH dettaglia le spese per progetti sono Euro 8.562.617, le spese del personale in Italia Euro 227.996. Già qui i conti non tornano. In Italia sono dichiarati 18 dipendenti (10 permanenti, 8 co.co.pro) diamo un costo medio lordo per dipendente di Euro 20.000 annuo (bisognerebbe chiamare i sindacati) il totale è euro 360.000.
    Degli Euro 8.562.617 “Spese per Progetti” specifica piccato Paolo sono “stipendi a logisti, psicologi, insegnanti, operatori sociali… ossia ai progetti!!!!!”. Mi sembra un po’ vago, forse (come dimostrano i punti interrogativi perché si è arrabbiato).
    Quanto si spende per gli affitti degli uffici, per le macchine, per il personale espatriato, per le pubblicazioni nei paesi, per macchine, telefoni, satellitari, case e abitazioni, personale locale???????????????????????????????????????? (Anch’io mi arrabbio)
    Questo penso sarebbe utile far conoscere a chi dona soldi a TDH (e a tutte le altre). Perché se l’ 80% và in spese di struttura nei paesi ai beneficiari arriva solo il 20%. Niente di male ma sarebbe bello saperlo. Visto che la trasparenza è il mantra di tutti i convegni della cooperazione internazionale e sono stati spesi fior di soldi per report, suggerimenti, incontri internazionali con questo obiettivo.
    TDH opera in 21 Paesi con 88 progetti. Come minimo significa che girano una trentina di “operatori internazionali, con le loro macchine, 21 uffici, almeno 200 dipendenti locali, telefoni e viaggi. Breve conto: 50 operatori internazionali espatriati (costo medio annuo lordo 30.000 e stiamo bassi) via euro 1.500.000; 200 dipendenti locali (costo medio annuo euro 15.000), via euro 3.000.000; 21 uffici (costo medio annuo affitto euro 20.000) via altri euro 400.000, costi di gestione 1 ufficio (annuo euro 50.000), via un altro euro 1.000.000; viaggi come da contratto 1 all’anno per espatriato (costo medio euro 1000), via altri euro 50.000. Come vedi caro Paolo, siamo andati a guardare, ci siamo tenuti bassi, non abbiamo messo altre spese (pubblicazioni, seminari, training, macchine, strumenti d’ufficio, satellitari, portatili, rimborsi spese, etc.) e solo così le spese di struttura (all’estero) per TDH rappresentano un bel 70% (+ un 10% dichiarato speso in Italia) di quanto si dichiara speso per progetti (e anche tu dovresti fare qualche controllo e comunicarlo, poi). Nella forma tutto bene, ma nella sostanza queste sono spese di struttura (all’estero) che dovrebbero essere rese pubbliche.
    Insomma una grande macchina burocratica che deve gestire il 20% delle entrate a favore dei propri utenti. Neanche le vecchie Poste Italiane avevano questi indici di produttività.
    Si pensa male? Numeri imprecisi? Basterebbe che le ONG dettagliassero questi conti e non ci sarebbe tanto da discutere, né da ricercare, verificare, immaginare.
    8) Sulle spese di comunicazione (nessuno sào quanto è speso nei Paesi da TDH) non ho scritto niente, poi te ne occupi tu. Ed è vero che TDH, rispetto ad altri spende meno in pubblicità. Ma la prossima volta fai un Bilancio Sociale con qualche numero in più, così saremo tutti (specie chi dona) più contenti.
    8) Non ti compilo il modulo di Customer Satisfation piazzato nel Bilancio Sociale l’ho già fatto da Mc Donald.
    9) Le multinazionali (nel profit e nel autodetto no-profit) non sono un male in assoluto, ma, anche qui per trasparenza sarebbe bello, per chi finanzia, sapere dove vanno a finire i soldi destinati a “programmi del network internazionale” o altre diciture simili, se no si pensa che finiscano per pagare altri funzionari, magari a Londra o a Losanna.
    Caro Paolo, fa sempre piacere leggerti, ma fate qualche controllo in più, almeno sulla trasparenza.

  7. Ciao Enrico
    è interessante il dibattito con il Fundraiser di Terres des Hommes, Paolo. Ma, sempre a proposito di trasparenza, molto sbandierata nel settore a cui appartiene, perchè non ci spiega perchè tu pubblichi tutti i commenti e invece il suo collega, l’abilissimo Cacopardo (vedi https://crespienrico.wordpress.com/2009/09/24/trasparenti-come-bottiglie-di-latte-onlus-bilanci-comunicazione/, gran teorico della comunicazione censura quelli sul suo blog. (del resto inutile e solo autoreferente)?

  8. Lascia perdere gli inutili cacopardi. L’impressione è che tutti questi abbiano dimenticato che i fondi sono raccolti non per finanziare una struttura (che ne succhia l’80%) ma per dei veri beneficiari. Cioè donne, uomini, bambini comunità vere. non quelli patinati dei Bilanci Sociali.
    Quando Paolo parla di soldi destinati ai progetti (e lui intenderebbe ai beneficiari) neanche si domanda quanto interessi a un bambino del Nepal che TDH (o altri) organizzi un convegno al Summit Hotel, faccia training al proprio personale, compri portatili ai funzionari, pubblichi ricerche scontate per l’immagine, abbia troppo personale superpagato rispetto alle attività e ai risultati, troppe auto, e via discorrendo come raccontato (per altre organizzazioni, ma l’andazzo è simile) in altri posts.

  9. Ciao Enrico, vado per sintesi altrimenti facciamo notte:
    – tdh italia non lavora in Nepal;
    – non prendi in considerazione che tra i 18 del personale ci sono part-time e persone molto sottopagate (questo è un problema del non profit, purtroppo, dove spesso per lavorarci devi essere ricco di famiglia!). E comunque come ho scritto quella cifra parla dei “collaboratori di sede su progetto” ossia delle persone direttamente coinvolte nei progetti (i cosiddetti desk più l’amministrazione di progetto). Noi della comunicazione e gli altri siamo “spese di funzionamento”;
    – non in tutti i paesi abbiamo uffici: spesso i nostri lavorano da casa e non pagano di certo 1500 euro al mese di affitto (se lo facevi tu al CCS non hai fatto un grande affare credo)!
    – non in tutti i paesi abbiamo espatriati;
    – confondi le liquidità con i bot: i soldi come dovresti sapere passano sempre da una banca prima delle erogazioni e un bilancio è sempre una fotografia al 31/12. Altri gonfiano i bilanci mettendo le liquidità come fondi da erogare nell’attivo e nel passivo… TDH non lo fa. Non ha nessun senso dal punto di vista della gestione dei progetti prendere ed erogare immediatamente: ogni organizzazione come ogni famiglia si gestisce con la coscienza di un buon padre di famiglia (questo lo dico da “ragioniere”, visto che mi sono diplomato in questa materia);
    – hai una scarsa conoscenza di cosa sia progetto, non dico in un paese del sud del mondo, ma in italia: ogni struttura di assistenza sui minori in Italia spende per paziente qualche migliaio di euro al mese tra educatori, psicologi, pulmini, ecc. Mi piacerebbe poter dire che la mia organizzazione è in grado di dare a un bambino della Costa d’Avorio lo stesso tipo di supporto. Purtroppo non siamo così ricchi da poter dare un servizio di questa qualità e me ne scuso con i beneficiari;
    – i nostri operatori locali non guadagnano 1500 euro al mese… Sono purtroppo molto, ma molto lontani da quella cifra. Io la trovo un’ingiustizia. Li meriterebbero tutti, ma dovresti sapere che lo stipendio medio di un operatore locale è di 200, max 400 euro al mese;
    – non posso rispondere delle policy di altri colleghi rispetto ai commenti: nel mio blog, a differenza che in questo, i commenti non sono neanche soggetti a moderazione. Sono al massimo fermati dal sistema automatico di spam di wordpress.

    Chiudo con qualche considerazione finale: sono tra quelli che più invocano trasparenza nei bilanci delle ong. Mi piacerebbe qui in Italia (e lo invoco da anni) un sito come il Charity Navigator americano con una redazione indipendente di valutatori di bilancio e non come in Italia un istituto della donazione in cui chi è certificato è anche socio e paga. Mi piacerebbe che di blog come i tuoi ce ne fossero una marea: ma mi piacerebbe che non lavorassero per stime ma su dati verificati. Sono convinto anche io che molte organizzazioni esistano solo per finanziare se stesse, ma innanzitutto bisognerebbe smetterla di pensare che ognuno si può svegliare una mattina e costituire una sua onlus con enorme rumore di fondo, dispersioni di sistema di denaro, impossibilità di fare controlli dettagliati sulle onlus; mi piacerebbe un sistema in cui i progetti finanziati dal sistema pubblico non fossero co-finanziati: se un progetto è utile lo finanzi tutto! Per verificare che un progetto possa essere utile, prima di gettare milioni alle ortiche, fai e paghi un serio studio di fattibilità; mi piacerebbe che la si smettesse di credere che visto che sono poveri per aiutarli ci vogliano scalzacani senza esperienza e professionalità figli di papà… Mi piacerebbe… potrei continuare per ore e vagonate di pagine e cerco di farlo qui come sul mio blog personale (tempo permettendo, visto che lavoro 12 ore al giorno). Però mi piacerebbe che si abbandonasse la facile demagogia e si affrontassero seriamente i problemi e seriamente anche il tema più importante: quello dell’efficacia e dell’utilità degli aiuti (seriamente significa: statistiche, valutazione dei pro e contro, valutazione dei risultati di breve, medio e lungo periodo, integrazione della politica di aiuti all’interno delle politiche per i diritti, del commercio internazionale, per le infrastrutture, per il digital divide…). Per te, mi pare di capire, spendere soldi per mobilitare la società civile sul tema del commercio sostenibile o dell’abbattimento del protezionismo nei confronti dei paesi poveri (cosa che la politica non fa) è uno spreco di soldi. Per me è il compito più importante oggi di un’organizzazione. Parliamo anche di questo?

  10. Eccomi qua. Magari, caro Paolo se avessi iniziato dal fondo del tuo commento sarebbe stato meglio. Ed io inizio da lì.
    C’è un problema generale, se vi è poca trasparenza sulle spese, le attività e via discorrendo è anche difficile fare delle valutazioni dei risultati dei progetti, specie per i donatori che non possono certo far un auditing sul posto.
    Se vi è la necessità di finanziare strutture, spesso inutili, si tende più a creare immagine che risultati, a ricercare progetti visibili che non sostenibili, etc. Vedi il calo drammatico dei fondi destinati a progetti di sviluppo agricolo in Africa, troppo complessi, troppo lunghi per spendere eventuali risultati.
    Mi sono anche un pò stancato del discorso che fate sulla demagogia (sembra il Berlusca quando parla di complotti), sono stati scritti libri, relazioni, studi sull’inefficacia della cooperazione internazionale (rapportando investimenti\ risultati): se vai nei paesi, o ti leggi qualche blog, senti cosa dice la gente dal Nepal, Cambogia, Mozambico (per dire dove ho girato) e come considerano la maggioranza degli operatori locali ed espatriati delle ONG e delle NU.
    Su questo blog, che non vuole essere un centro studi, abbiamo raccolto testimonianze di tutti i tipi. Per cui, come del resto tu con un pò di sforzo segnali, qualche problemino c’è e, in effetti, lo hai anche, con la pruderia degli appartenenti al sistema, segnalato nel tuo blog (che permane, forse l’unico che dice qualcosa di sensato e interessante, fra quelli dei tuoi colleghi).
    Non sò cosa intendi per società civile (termine vecchio e sorpassato come i bigodini), e non penso che tante chiacchiere e articoli possano cambiare cose che, lentamente stanno cambiando, spinte, nel bene e nel male dal mercato.
    Purtroppo nessuno è in grado (o vuole) regolare queste spinte. Guarda in India o in Cina, guarda in Africa dove fluiscono i capitali cinesi e si ferma qualcuno africano. Non è questo il lavoro della cosidetta cooperazione internazionale, il suo compito sarebbe favorire opportunità, alle persone e ai paesi, concretamente. Se continuiamo su questo tema immenso facciamo veramente notte. Qualche posts sui temi generali l’ho scritto, così come idee, magari gettate un pò lì ma questo blog, lo ripeto, non ha pretese se non quella di raccontare qualche storia e lanciare qualche suggestione (a chi vuole raccoglierla).
    Sulle tue puntualizzazioni:
    -Se TDH (come gli altri) avesse pubblicato come sarebbe corretto un bilancio dettagliato non saremmo qui a fare tanti discorsi, su stipendi, spese messe di qui o di là, importo delle stesse. Se TDH, come gli altri, avesse descritto le spese sostenute per gestire un progetto in Perù (affitto, sede, salarti espatriati, salari locali, e via discorrendo) non saremmo qui e magari anche i donatori sarebbero più contenti. Questo è il succo del mio post che non vuole essere un accusa a TDH ma al sistema. Questo, come detto, è il primo passo per poter valutare i risultati dei progetti.
    -TDH Italia non lavorerà in Nepal, ma ci lavora TDH come fondazione-
    -in molte organizzazioni (in TDH non è specificato e non si può sapere) vengono indicati a bilancio come disponibillità liquide investimenti in BOT, CCT, Fondi d’investimento. Quindi non confondo un fico secco.
    -il buon padre di famiglia se il figlio va in giro senza scarpe le compra e non sitiene i soldi sotto il materasso e visto che il vostro lavoro sarebbe sostenere bambini e comunità e visto che di questi soggetti bisognosi è pieno il mondo, non è tanto comprensibile (date le finalità dell’organizzazione) tenere fermo il 30% dei fondi. Poi che altri facciano di peggio è anche vero.
    -se devo essere sincero sei tu che non capisci un piffero di progetti o sei troppo condizionato dall’ambiente in cui operi. Se tu hai 100 per costruire una scuola e ne spendi 80 per ingegneri, studi di fattibilità, reports, incontri in hotels, benzina per andare e venire, salario per il capoprogetto, per il vice, quota ufficio, quota macchina, viaggi, etc., ti resta 20 farai una scuola di merda o con gli stessi soldi (100) con meno sprechi ne potevi fare 5, non è difficile.
    -nota personale: in Nepal spendevo euro 400 mensili per casa e ufficio (adesso ne spendono 1500 solo per l’ufficio), abbiamo distribuito deworming, fatto oltre 6000 visite mediche a bambini comprensive di esami del sangue nei villaggi e raccolto i relativi dati, fatto due Health Camps pediatrici all’anno, distribuito i risultati dettagliati alle comunità, spendendo euro 11.000, perchè abbiamo coinvolto, lavorato e mobilitato una struttura privata l’Ospedale comunitario di Dhulikel.
    Nell’aprile 2008 sono state accese le prime lampadine nell’area del Thimal (Kavre) fino ad allora priva d’energia elettrica con la spesa di euro 12.000, servita per costituire la cooperativa comunitaria che ha raccolto circa USD 200.000 nelle comunità da noi mobilitate e coinvolte. Raccontarti il resto sarebbe autoincensamento.
    -per le restanti spese penso che euro 1500 al mese per affitto, luce, e gestione corrente di un ufficio a Kathmandu o a Phnom Penh o a Maputo sia un costo compatibile, se spendete (cosa che dubito) meno siete bravi.
    -Per gli operatori locali io ho messo 1000 euro medi al mese (compresi benefits), ci saranno quelli che ne guadagno 200 e quelli che ne guadagnano 1500, più qualche benefits.
    Ma sono discorsi un pò inutili, io penso che dovrebbe esserci una bella legge che obblighi, visto il settore e le finalità, a dettagliare e rendere pubblici i costi dei progetti e delle attività. Non mi sembra una cosa incredibile, tanto più che parte dei soldi sono pubblici\tasse (Nazioni Unite, Echo, UE, MAE) o parte del reddito di gente che ci crede.

  11. Scusate se m’intrufolo nel dibattito. Ma anch’io ho qualche dubbio sulla cosidetta “mobilitazione della società civile”. Per mia esperienza nei Paesi beneficiari la società civile è composta da funzionari delle ONG, intellettuali vari, qualche giornalista o politico in carriera, in genere residenti nella capitale o nelle città più importanti e appartenenti alla classi più privilegiate. In Nepal quando partecipavo a questi convegni i cognomi erano sempre gli stessi Shestra, Neupane, Chetri, Shakya, cioè gli apparteneti alle caste alte. Qualche volta compariva un Dalit, un Tamang, timido ed isolato, e trattato come il parente povero alle nozze di quelli ricchi.
    In Occidente è uguale. Non si mobilita niente solo gli organizzatori come nelle iniziative di sensibilizzazione sui temi universali, come Stand Up, farse inutili, stile i meeting aziendali nel profit. Crecano di rilanciare un prodotto, a volte avariato, come i MDGs

  12. Bravo intrufolati. C’è un altro problema, secondo me, parte dell’opinione pubblica sia nei paesi ricchi che in quelli poveri non ce la fa più a sentire gran discorsi fatti da gente (FAO, UNICEF, ONGs) che hanno perso gran parte della loro credibilità. La spettacolarizzazione della povertà, dei business mascherati (commercio solidale), delle pie intenzioni (MDGs) banalizza (come vedere mischiare guerre finte e vere in TV) i problemi, li fa diventare luoghi comuni. In più, qualcuno inizia a sospettare che queste campagne siano una forma di pubblicità per sostenere il sistema dell’industria dell’assistenza (aid industry), le sue inefficenze, sprechi, burocrazie.
    Comunque ringraziamo Paolo per aver aperto il dibattito.

  13. che dire?
    – il bilancio di tdh riporta chiaramente quanto è immobilizzato in titoli di stato. Il resto è liquidità e non sono soldi sotto il materasso come impropriamente la tua metafora fa pensare;
    – la fondazione terre des hommes a cui ti riferisci è la Fondation Terre des hommes Lausanne: appartiene al network ma lavoriamo in maniera autonoma;
    – potrei raccontarti storie di successo di molti dei progetti che ho visitato con piccole cifre. Quello che facciamo è aiutare qualcuno a vivere meglio, se ci riusciamo abbiamo fatto il nostro lavoro. Se qualcuno viene a raccontarti che vuole salvare il mondo… Non è il lavoro che può fare una ong;
    – non faccio sforzi. Lavoro da 11 anni nel settore e credo che le ong non possano fare lo sviluppo dei popoli, perché lo sviluppo dei popoli passa da leggi, riforme dei mercati, autorganizzazione, conflitti, rivendicazioni, politica, democrazia, libertà, ecc. Noi ci accontentiamo di rendere migliori il presente e il futuro di qualche migliaio di persone… e ci riusciamo (poi l’intero aiuto allo sviluppo nei paesi del sud del mondo muove risorse che sono piccolissime rispetto a quelle mosse dagli stati… e miracoli non se ne fanno);
    – i nostri bilanci, proprio perché prendiamo soldi da Echo, Unione Europea ecc. ecc. sono sottoposti a certificazione, come a certificazione sono sottoposti singolarmente la maggior parte dei nostri progetti. Di fatto 6 mesi all’anno nella nostra sede ci sono certificatori, verificatori, ecc. ecc. Siamo molto ma molto più setacciati di qualsiasi azienda che riceva contributi o di qualsiasi ente pubblico;
    – leggo regolarmente articoli e libri sulla inadeguatezza del sistema di aiuti e non è un caso che ritenga utile questo blog… ma se citi dei dati devi citarli in maniera corretta, altrimenti questa è demagogia;
    – brutto segno quello di filosofeggiare sulle parole come “società civile”: a me sembra un modo di mescolare le carte, ma se preferisci fallo pure e usa le espressioni che vuoi non ti seguo su questo crinale perché non ha alcun senso per me (forse eccedo in pragmatismo, ma me lo impone il fatto di pensare che il mio tempo serva a qualcuno per stare un po’ meglio). Il lavoro che facciamo del resto lo facciamo con gente dei villaggi, comunità indigene, minoranze etniche, profughi, popoli in movimento che di questi discorsi non sanno che farsene: ci chiedono solo di aiutarli a stare meglio e continuiamo a farlo limitando gli sprechi al massimo. E lo dico con l’orgoglio di sapere che lavoro per un’organizzazione seria e trasparente.
    Per il resto caro Enrico come vedi il dibattito non mi spaventa e accetto anche di condurlo su un terreno diciamo così “ostile”. In realtà mi piacerebbe che il tuo blog contribuisse a fare chiarezza in maniera seria su temi su cui giustamente oggi si è aperto un dibattito internazionale. Chiarezza, non nebbia, mettendo tutti sullo stesso piano.
    Grazie mille per l’opportunità e a presto

  14. Ciao Paolo
    per ospitalità ti lascio l’ultima parola. Alcune cose sono condivise, magari scritte in forme diverse. E, poi nessuno ce l’ha con TDH che, nei limiti del sistema, è fra quelle che si muove meglio. Per precisione, non filosofeggio su società civile (che è per me un entità inesistente) ma quando scrivi “Per te, mi pare di capire spendere soldi per mobilitare la società civile sul tema del commercio sostenibile o dell’abbattimento del protezionismo nei confronti dei paesi poveri (cosa che la politica non fa) è uno spreco di soldi”. Ti dico che hai capito bene e del resto anche tu sembri confermarlo.
    Due parole su questo blog, che sarà sempre lieto d’ospitare i tuoi commenti anche su altre cose. Qua nessuno è uno scholar, un teorico della cooperazione, ne ha tempo, voglia nè ritiene utile scrivere trattati. Qui si raccontano storie, si fanno commenti il più possibile documentati, si raccolgono testimonianza e qualche idea. Utili a chi ha voglia e tempo per condividerle. Qualche volta si molla qualche bastonata a chi se le merita (e non è il caso di TDH), bastonate ben documentate visto che siamo ancora accesi.

  15. Salve a tutti!! le cose che scrivete si commentano da sole, chiaro che anche nella mela migliore può esserci il verme ma a mio avviso troppe sono le onlus che in realtà non fanno nulla se non permettere a qualcuno di guadagnare bene, sopratutto nel campo del protezionismo ambientale, a partire da una superpotenza come il WWF ed a tutte le varie leghe derivate. Vero è che occorre tutelare e salvaguardare ma perchè fare doppioni sù doppioni di leghe a tutela dello stesso problema? se non ci fosse un disegno economico probabilmente confluirebbero tutti in una unica posizione invece….

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